
Come si suol dire, proprio questa sera è capitata "a fagiuolo" una email del Puma che mi manda un opera pittorica di Carlo Montana proprio raffigurante "il Re di Austin, Texas". Nien'altro da dire se non l'incipit del bellissimo articolo:
"Primi anni ottanta. Il punk si è evoluto lasciandoci la musica più 'colta' dei Police, la dance è un mostro planetario che si aggira con le sembianze di John Travolta, la new wave emette i primi vagiti, il rock si è metallizzato. E il blues? Nulla. Vuoto. Deserto. Fino a quando un giovane chitarrista dalle mani grandi e un cappello (texano come lui) calato sugli occhi non sale su un palco. Corre l'anno di grazia 1982 e, ad aprire il festival Jazz di Montreux, il produttore Jerry Wexler, dopo averlo visto ed esserne rimasto folgorato, ha chiamato lui, Stevie Ray..."
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